lunedì 15 ottobre 2012

Il cacciatore di lettori


Non sceglieva mai i libri che leggeva. Lui sceglieva soltanto le persone. Le librerie che prediligeva erano quelle grandi e frequentate, preferibilmente all’interno di stazioni e aeroporti. Ci andava appositamente, anche quando non doveva partire. Se per qualche motivo, di lavoro o di ozio, si trovava in visita in un’altra città, metteva sempre in conto alcune ore da trascorrere in libreria all’arrivo o alla partenza. Sapeva per esperienza che quelli erano i luoghi che riservavano gli incontri migliori.
Solitamente passeggiava a lungo tra gli scaffali prima di imbattersi in ciò che faceva al caso suo. Non gli interessavano i titoli, né guardava le copertine. Il suo sguardo scorreva sui volumi esposti senza incontrare attrito. Fortunatamente aveva un aspetto talmente comune e raccomandabile che il suo prolungato bighellonare non destava alcun sospetto nelle commesse.  Doveva avere tutta l’aria di uno che perde il suo tempo in attesa di un treno o di un volo.
Compiva le sue scelte sulla scorta di una repentina ispirazione. A volte a catturarlo era uno sguardo o un discreto modo di inclinare il capo, altre volte una piega delle mani nel volgere le pagine, una certa curva delle spalle, un copricapo esotico, un bagaglio inconsueto, come la custodia di un violino. In qualche caso era stato sufficiente un sospiro. Non era mai frettoloso o impaziente, si concedeva sempre tutto il tempo necessario ed entrava in azione solo dopo aver sentito quel particolare solletico all’anima che con gli anni aveva imparato a riconoscere come l’indizio inequivocabile di un microcosmo umano con il quale gli era necessario entrare in contatto. Talvolta a deciderlo era un dettaglio in profondo contrasto con la sua indole e i suoi gusti, che gli procurasse orrore o imbarazzo, come un colore volgare, un paio di scarpe dai tacchi troppo alti o il gesto distratto di toccarsi ripetutamente le narici. Aveva una spiccata propensione per un certo tipo di soggetti, rari e specialissimi: quelli che si aggiravano tra gli altri come se fossero soli, chiusi in una bolla dalla quale solo di tanto in tanto allungavano fuori un braccio per afferrare un volume e inghiottirlo nel loro invisibile e inattaccabile involucro. I loro libri erano sempre particolarmente intensi.
 Lo attraevano anche le disarmonie nel corpo, una bocca larga su un viso sottile, una testa piccola innestata su una muscolatura possente, delle gambe eccezionalmente lunghe sotto un busto breve. Quando aveva individuato la sua preda, iniziava a pedinarla con estrema discrezione. La seguiva tenendosi discosto alcuni metri. Quando questa si fermava, la spiava al riparo di uno scaffale. Afferrava il primo libro che gli capitava a tiro e fingeva di immergersi nella lettura di alcune pagine, ma con la coda dell’occhio non perdeva mai di vista il suo uomo o la sua donna. Aveva talmente affinato con l’esercizio i suoi sensi fino al sesto da sentire che il lettore aveva compiuto la sua scelta trenta secondi prima che questo portasse via il libro. Allora si avvicinava repentino e con mossa risoluta afferrava un’altra copia dello stesso testo e senza esitazione alcuna si avviava alla cassa. Fu grazie a una vecchina incontrata all’aeroporto di Palermo che conobbe i racconti di Bukowski, uno studente di Orio al Serio gli rivelò la prosa onirica di Murakami, una turista giapponese lo condusse per mano nella fotografia di Francesca Woodman. Imparò i nomi delle vele da un signore di mezza età alla stazione di Bolzano e scoprì con stupore che anche la statistica aveva un suo fascino seguendo lo sguardo innamorato di una giovane coppia in una libreria di Napoli.
Non rare volte gli accadde che del libro eletto fosse rimasta l’ultima copia. In tal caso chiedeva educatamente al suo lettore se fosse intenzionato ad acquistarla. Se questi rispondeva affermativamente, pronunciava un mesto “Peccato!”, al quale talora aggiungeva l’espressione “Avrei avuto lo stesso desiderio”, ed usciva dalla libreria. Se invece l’acquirente in questione gli cedeva la copia, ringraziava con entusiasmo. Poi, appena si era allontanato sufficientemente da non essere più scorto, riponeva il volume al suo posto e lasciava la libreria senz’altro.  I libri che possono essere ceduti con tanta disinvoltura, si diceva, non meritano di essere letti.
Un giorno stava svolgendo una di queste sue abituali perlustrazioni nella libreria della stazione centrale di Roma. Aveva adocchiato una signora sulla cinquantina, bassa e corpulenta, ma dai tratti del viso insolitamente delicati. Portava un paio di spesse lenti da miope, in tutto identiche, gli pareva, a quelle che quasi trent’anni prima indossava il parroco che gli aveva imboccato la prima comunione. Era almeno mezz’ora che la seguiva. Dopo aver sfogliato tutti i libri contenuti nello scaffale di filosofia orientale e aver ammirato a lungo le copertine di alcuni libri illustrati, si era concentrata su un manuale di giardinaggio corredato da foto di piante e fiori dai colori brillanti. Lui la osservava da lontano, dal settore poesia. Per non dare nell’occhio -  già un paio di volte si era voltata nella sua direzione – prese dall'espositore un libro sottile, con la copertina rosso sangue, e si mise a sfogliarlo. D’un tratto percepì al suo fianco una presenza. Doveva essere lì già da alcuni minuti, ma fino a quel momento non se ne era avveduto. Si voltò e gli apparve una ragazza appena più alta di lui, che era di statura nella norma. Fece giusto in tempo a notare la linea dritta e severa delle sue sopracciglia nere e il labbro superiore che sporgeva bizzarramente su quello inferiore conferendo alla bocca un aspetto tenero, che lei afferrò un’altra copia dello stesso libro che lui stringeva in mano e gli voltò le spalle per raggiungere le casse. Il cacciatore di lettori dimenticò la donna con gli occhiali da miope e si lanciò dietro alla ragazza insieme al libro rosso. Ebbe ancora il tempo di vedere di lei i capelli color miele raccolti sulla nuca candida. Al centro spiccava una voglia rosata a forma di goccia che puntava leggermente a sinistra. Era così vicina da sentirne il calore. Quando ebbe pagato anche lui la sua copia, si scagliò come un forsennato verso l’uscita, ma la ragazza era già scomparsa tra la mischia di viaggiatori in partenza e in arrivo, in un marasma di volti, passi e valigie, in una sinfonia stonata di annunci, stridori e frasi mescolate. Investigò in lungo e in largo ogni angolo della stazione, senza posa fino a sera. Passò in rassegna decine di volte le facce sedute in attesa e quelle impazienti in coda alla biglietteria. Percorse i binari. Salì sui vagoni in sosta. Entrò in ogni negozio e a tutti domandò se avessero visto una ragazza dalla chioma di miele e le sopracciglia severe. Si aggirò tra i tavolini dei caffè. Fece all’inverso le scale mobili. Infine corse tra la folla in fila per un taxi e tra i lavoratori accalcati sulle fermate dei bus. La trovò seduta sul bordo di un marciapiede con il libro rosso aperto sulle ginocchia. Le si sedette accanto e si mise a leggere. Lei non si voltò. Stettero così, senza dirsi nulla.

2 commenti:

  1. Interessante soggetto, oserei dire per deformazione professionale:) ma ancor più interessente la descrizione che lo caratterizza, una lettura molto piacevole, grande Assia.....
    Berlinese per niente D.O.C.

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