mercoledì 21 marzo 2012

Rabbia di classe (Coscienza di classe)

Rabbia di classe. Coscienza di classe. Provo a immaginare cosa significhi per una famiglia proletaria l'abolizione dell'articolo 18 così come è stato concepito finora. Non mi costa alcuna fatica. Se ciò fosse avvenuto 15 anni fa mio padre e la mia famiglia sarebbero sprofondati nella disperazione. Un operaio con due figlie adolescenti da mantenere agli studi, iscritto alla Fiom e al PCI da sempre, con una cartella personale tutt'altro che linda, un lavoratore che si era sempre battuto per i diritti suoi e dei suoi compagni, un uomo che non abbassava la testa di fronte alle intimidazioni di capi e capetti. Cosa avrebbe potuto fare? Forse avrebbe iniziato a tacere e a ingoiare bile e prevaricazioni, ammalandosi di rabbia e di fatica. O forse non avrebbe resistito e avrebbe perso il posto di lavoro, non per le sue idee, ma perché c'è la crisi, perché in Serbia il lavoro costa meno e allora delocalizziamo, perché sei troppo vecchio e non ce la fai a stare dietro ai tempi di lavoro che diventano sempre più veloci e massacranti. Cosa può fare un uomo di 50 anni che si ritrova senza un impiego e senza mezzi per crearsi altro? Cosa possono fare i suoi figli? Addio università, addio sogni.
Mio padre ne è uscito giusto in tempo, grazie a quella mobilità che ora l'amico Monti - quello che ci piace tanto perché è sobrio, non va a puttane e ci fa fare bella figura quando andiamo all'estero - ha eliminato insieme all'articolo 18. Come se le vite delle persone si potessero accartocciare e gettar via come carta straccia. Dietro la freddezza delle formule, le riforme, le delocalizzazioni, le ristrutturazioni, ci sono vite di donne e uomini in carne ed ossa, corpo, emozioni e pensiero. Bisogni e desideri. Non se ne può prescindere o sottovalutarli se si vuole costruire un mondo giusto ed equo, a misura di donna e di uomo. Da oggi sarà ancora più dura, ma si deve pur cominciare.

Nessun commento:

Posta un commento